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Primo “Blue Economy Forum” organizzato da Legambiente nell’ambito del progetto europeo Life Sea.Net

Legambiente: la crescita blu del mare è la forza trainante per la transizione ecologica, l’economia sostenibile e il Made in Italy

Del 13 Giugno 2024

Una blue economy più green per la protezione della biodiversità marina e per il sostegno alla piccola pesca, un comparto economico fondamentale per l’Italia, e ancor più per il Mezzogiorno e le isole. Non è un semplice gioco di parole ma la sintesi del messaggio emerso nella mattinata dal primo Blue Economy Forum, organizzato da Legambiente a Roma nell’ambito del progetto europeo Life Sea.Net e a cui hanno preso parte ricercatori, esperti e rappresentanti del settore della pesca insieme a diversi esponenti delle autorità nazionali. Il Blue Economy Forum si è dipanato in tre sessioni che hanno affrontato il ruolo delle Aree marine protette, l’efficientamento della governance dei siti marini Natura 2000 e il loro ampliamento in Italia, la tutela biodiversità marina e l’impatto negativo della crisi climatica sull’economia del mare.

La blue economy è in forte espansione ma ha bisogno di una svolta verso una maggiore sostenibilità. Basti considerare solo alcuni dei numeri emersi dalle anticipazioni del XII rapporto in Italia dell’Osservatorio sull’economia del mare OsserMare e Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”: un totale di 161 miliardi di euro generati, tra valore aggiunto diretto e indiretto, il 9,1% dell’economia nazionale; le regioni del Centro e del Mezzogiorno sono protagoniste nel settore. C’è di più: la blue economy è più incline alla linea green; infatti, il numero di certificazioni ambientali attivate dalle imprese in questo settore si attesta al 17,8% rispetto all’8,3% del totale delle imprese del Paese.

Come dare una sterzata green all’economia del mare? 

Dal Blue Economy Forum, Legambiente ha lanciato alcune proposte per raggiungere questo obiettivo che contempla anche la tutela della biodiversità e dell’ecosistema marino: 1) incrementare le aree protette e le zone di tutela integrale, partendo dall’istituzione di parchi e aree marine  ancora in attesa del completamento dell’iter; 2) rafforzare e integrare le aree della rete Natura 2000 in particolare per quanto riguarda i siti marini per cui l’Italia è sotto procedura d’infrazione dell’UE; 3) migliorare il monitoraggio della biodiversità marina promuovendo attività di ricerca per una migliore conoscenza dello stato di conservazione di specie e habitat a rischio; 4) promuovere la gestione integrata della costa e rafforzare la tutela degli ecosistemi marini e dare piena attuazione alla Strategia Marina.

Tutti argomenti affrontati nell’ambito del progetto Life Sea.Net, cofinanziato dall’UE attraverso il programma LIFE, che riunisce un ampio partenariato, coordinato da Legambiente e composto da Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica, ISPRA, insieme alle Aree Marine Protette Isole Egadi, Punta Campanella e Regno di Nettuno, i Parchi nazionali Arcipelago Toscano e del Cilento Vallo di Diano e Alburni, con Federpesca e le Regioni Campania e Basilicata.

Life Sea.Net è al lavoro con questi enti per migliorare la governance e realizzare le linee guida per l’istituzione di nuovi siti marini della Rete europea Natura 2000. L’Italia è sotto procedura d’infrazione per il mancato completamento della mappatura a mare delle aree Natura 2000, e Life Sea.Net punta a far uscire dall’impasse il nostro Paese grazie ad un percorso chiaro e condiviso con gli enti gestori dei siti Natura 2000. Per questa ragione, è attivo un Tavolo tecnico al Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica grazie al quale si riuniscono tutti gli attori protagonisti.

“A livello europeo la blue economy può essere determinante per centrare gli obiettivi climatici posti con la scadenza al 2030 e quelli riportati nel Green Deal europeo. Le proposte di Legambiente mirano a rafforzare le misure di protezione di specie e habitat a rischio, una più efficace gestione delle aree marine protette e a promuovere pratiche di pesca sostenibile. È fondamentale trasformare la blue economy in un alleato prezioso contro la crisi climatica, questo potrà avvenire solo seguendo la strada della transizione ecologica altrimenti questo importante volano economico sarà destinato a soccombere sotto i colpi dell’innalzamento dei livelli del mare, il cambiamento della temperatura delle acque e della loro acidificazione, inondazioni ed erosione”, spiega Giorgio Zampetti direttore generale di Legambiente.

“I dati ci dicono chiaramente che l’economia del mare è in forte crescita ma bisogna evidenziare che potrà subire pesanti danni, e in maniera irreversibile, a causa del cambiamento climatico – il monito di Antonio Nicoletti responsabile aree protette di Legambiente. Abbiamo presentato un pacchetto di proposte mirate a tutelare e valorizzare la biodiversità dei mari in Italia, e che allo stesso tempo, con una strategia integrata e coordinata, potranno dare impulso ad una blue economy più sostenibile e green, e a tutti i settori ad essa connessi. L’economia del mare con i suoi prodotti potrà rappresentare una nuova leva del Made in Italy in tutto il mondo. È ora di avviare processi di etichettature dei prodotti ittici italiani in collaborazione con le Aree marine protette, così potremmo promuovere il Made in Italy con il nostro pescato dando un maggiore slancio alla piccola pesca artigianale”.

Blue economy: la strategia italiana in stallo

In Italia la linea di sviluppo dell’economia del mare è inclusa nel Piano d’Azione per l’attuazione della strategia italiana per la bioeconomia 2020-2025, ma il documento è ancora in fase di approvazione. Una strategia che prevede la valorizzazione dei prodotti della pesca sottoutilizzati oppure scartati da trasformare in filiere della bioeconomia circolare attraverso la produzione di nuovi bioprodotti e materiali, la promozione dell’acquacoltura off-shore e uno sviluppo sostenibile della stessa acquacoltura.

Le linee guida dell’UE: dalla crescita blu alla blue economy sostenibile

L’economia blu europea, che include settori come la pesca, il turismo costiero e le energie rinnovabili, impiega milioni di persone e ha un impatto significativo sull’ambiente marino. Tuttavia, la pressione della pesca eccessiva, l’inquinamento e i cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova la resilienza degli ecosistemi marini. Le linee guida dettate dall’Unione Europea nello scorso mese di febbraio vanno nella direzione della blue economy sostenibile e affrontano i diversi problemi che attanagliano da anni la risorsa mare: inquinamento, danni derivanti dal cambiamento climatico, perdita della biodiversità, declino degli stock ittici, specie aliene invasive, e la gestione delle aree marine protette.

Made in Italy: solo un prodotto del pescato italiano riconosciuto dall’UE

Quali prodotti del pescato italiano sono nell’elenco dei prodotti a marchio D.O.P. (denominazione di origine protetta) e IGP (indicazione geografica protetta) riconosciuti dall’Unione Europea? Solo uno: le acciughe di Monterosso provenienti dal mar Ligure. Più o meno lo stesso quantitativo di aree come Germania e Regno Unito che hanno sicuramente una minore tradizione della pesca rispetto all’Italia.

Le buone pratiche: il progetto Life Muscles

Life Muscles, progetto europeo con Legambiente capofila, ha le sue aree target in Puglia e in Liguria dove con il coinvolgimento dei pescatori si portano avanti diverse azioni, nell’ottica dell’economia circolare, per riciclare le retine utilizzate per l’allevamento di mitili e ridurne la dispersione nell’ambiente marino. Inoltre, è prevista la diffusione di retine in biopolimero che sostituiranno le classiche retine in plastica.