Home > Economia del Mare, Interviste > Giancarlo Vinacci: un nuovo fondo per portare la finanza nell’Economia del Mare

Giancarlo Vinacci: un nuovo fondo per portare la finanza nell’Economia del Mare

Intervista all’ideatore del Blue Economy Debt Fund che erogherà il primo finanziamento entro la fine del 2024

Del 18 Giugno 2024

Il Blue Economy Debt Fund è il primo e unico fondo italiano, targato Consultinvest e Zenit SGR, dedicato all’economia del mare con l’obiettivo di finanziare la crescita delle PMI che operano in questo settore.

Il Ministro per le Politiche del Mare Nello Musumeci, in occasione della sua presentazione qualche mese fa ha sottolineato che “per essere competitivi servono investimenti, serve innovare, serve digitalizzare, serve consolidare le infrastrutture che alimentano le attività legate a questo straordinario elemento della natura che è il mare. Ecco perché costituire un fondo che possa accompagnare i processi di crescita in questo settore diventa una intuizione intelligente e diventa anche un atto di coraggio che va certamente sottolineato e apprezzato”.

Giancarlo Vinacci + musumeci

L’incontro con Vinacci, Presidente della Fondazione Think Tank Vinacci e da tanti anni voce autorevole nell’Economia del Mare nazionale

Abbiamo incontrato l’ideatore del Blue Economy Debt Fund Giancarlo Vinacci, Presidente della Fondazione Think Tank Vinacci e da tanti anni voce autorevole nell’Economia del Mare nazionale.

L’Economia del Mare in Italia sta assumendo anche grazie al Governo attuale un ruolo sempre più centrale. Secondo la sua grande esperienza nel mondo della finanza di che cosa hanno bisogno le imprese nella blue economy per fare il salto di qualità?

“La Blue Economy italiana in realtà non ha bisogno di fare un salto di qualità ma solo di essere valorizzata e quindi essere più conosciuta e riconosciuta. Mi spiego meglio. Credo che ancora troppo pochi italiani abbiano la consapevolezza che l’asset mare è primario per il nostro Paese, che vale con l’indotto oltre il 9% del valore aggiunto nazionale, oltre 160 miliardi e che nel settore ci colloca in una posizione di vertice in Europa e nel mondo.

Le oltre 230.000 aziende coinvolte, dato in costante crescita, sono presenti anche in regioni dove non c’è il mare e performano decisamente meglio del complesso dell’intero comparto industriale italiano.

Solo negli ultimi anni, con l’istituzione del Ministero per le Politiche del Mare e grazie al meticoloso lavoro delle associazioni ancillari, come l’Assonautica Italiana/Unioncamere guidata da Giovanni Acampora o l’Assonat governata da Luciano Serra, è iniziato un ciclo virtuoso di riconoscimento del settore da parte sia della gente comune che delle istituzioni finanziarie. Queste ultime tuttavia, e questa è un’anomalia squisitamente italiana, sono ancora pochissimo presenti in maniera strutturata nel settore blu. Spesso intervengono senza quell’esperienza specifica, che si discosta molto dai prodotti finanziari attualmente disponibili e che deve tener conto che l’andamento dell’economia in genere è spesso molto differente da quello, migliore, dell’economia del mare”.

Giancarlo Vinacci + Acampora + Serra

Come è arrivato a pensare ad un Fondo Italiano dedicato alla Blue Economy?

“Sono almeno due, forse tre i fattori che mi hanno condizionato: la mia formazione bancaria/finanziaria, settore nel quale ho operato per oltre 30 anni, la curiosità per un segmento finanziario sconosciuto ai più nonostante la posizione geografica dell’Italia e l’avventura tecnico/politica che qualche anno fa mi vide assessore multidelega, dallo sviluppo economico ai rapporti con banche fondazioni e industria, a Genova.

Nel 2017 oltre agli Stati Generali dell’Economia, e quella ligure è basata in buon parte sul mare, avviai il primo Blue Economy Summit, oggi alla sua 7^ edizione e nel 2019 organizzai un forum con i più grandi investitori internazionali che vennero a raccontare in cosa investivano e cosa offrivano in cambio. Ha preso corpo in quel periodo l’idea di provare a realizzare il primo fondo italiano esclusivamente dedicato all’Economia del Mare, un’economia che non aveva, e ancora oggi ha molto poco, prodotti e competenze dedicate specificatamente sulle dinamiche del settore. Ho iniziato a lavorare al progetto prima del periodo Covid e solo grazie al Gruppo Consultinvest siamo riusciti a passare dalla teoria alla pratica”.

Giancarlo Vinacci

Quali saranno i vantaggi per le imprese?

“Se parliamo di vantaggi corre l’obbligo di mettere in evidenza anche quelli per l’ambiente e per la comunità. Infatti la scelta è stata quella, onerosa, di optare per l’adozione dell’art.8 della SFDR (Susteinable Finance Disclosure Regulation) ovvero subordinare il fondo alla promozione di caratteristiche misurabili di sostenibilità. Il fondo finanzierà solo chi applica in maniera esplicita, strategie correlate a caratteristiche ambientali d’eccellenza.

Tornando invece ai vantaggi per le imprese e ricordando che il nostro target sono le PMI non possiamo non fare il raffronto con il sistema creditizio italiano che, salvo rare eccezioni, ha storicamente poca dimestichezza con le logiche industriali tipiche del settore.

Un fondo specifico per l’economia del mare, supportato da staff e comitati dedicati e nel settore da molti anni, sarà in grado di affiancarsi agli imprenditori valutando le iniziative anziché trincerarsi, come spesso accade, solo dietro la solvibilità dell’imprenditore stesso. Per gli imprenditori il tempo è denaro e se la conoscenza del settore è marginale i tempi si possono allungare notevolmente rischiando di far perdere all’impresa il momento magico. Aggiungo che il Blu Economy Debt Fund è un fondo di debito e non di private equity il che in breve significa che finanzierà le PMI con un track rekord consolidato e, salvo eccezioni, non le start up.

Aggiungerei poi qualche vantaggio per gli investitori, in buona parte istituzionali, ma anche privati. Un fondo di debito è molto meno rischioso di un fondo di private equity quindi, volendo semplificare, c’è quasi la stessa differenza che corre tra un’obbligazione e un’azione dove quest’ultima, anziché limitarsi a finanziare in cambio di un corrispettivo, entra e diventa socio e quindi se va bene guadagna molto e se va male può perder tutto. Il fondo di debito è per gli investitori decisamente più sicuro”.

Quali sono i soggetti promotori di questo progetto?

“Quando si parla di finanza si entra in un campo fortemente regolamentato e fortemente monitorato pertanto i promotori, le loro strutture, i loro professionisti e la loro solvibilità sono requisiti fondamentali per ottenere le autorizzazioni ed il consenso degli investitori istituzionali.

Diciamo che io ho portato l’idea e un po’ di numeri e relazioni, ma il vero promotore di questo progetto è Maurizio Vitolo, fondatore e amministratore delegato del gruppo Consultinvest che vanta oltre 35 anni di attività ed oltre 4 miliardi/€ di masse gestite. Maurizio Vitolo mi ha affiancato per l’implementazione del progetto la loro dirigente dott.ssa Beatrice Gattoni, fondamentale per la riuscita del dell’iniziativa oggi realtà, ed ha messo a disposizione Zenit SGR, parte del gruppo Consultinvest, attiva da oltre 30 anni e che nel 2014 ha lanciato il primo fondo di Private Debt. La parte ESG è affidata a Prometeia mentre gli aspetti legali sono curati dallo studio internazionale DLA Piper”.

Quali saranno i prossimi Step e quando le imprese legate all’economia del mare potranno usufruire del Fondo?

“Ormai siamo al rush finale. Il lavoro è stato impegnativo ed il fenomeno Covid ne ha rallentato i ritmi ma oggi siamo operativi sia nella proposizione agli investitori che nella fase di raccolta delle prima richieste di supporto finanziario. Auspichiamo che entro la fine dell’anno possa chiudersi il primo round di raccolta e che si possa andare in delibera con il primo finanziamento”.

Roberta Busatto Direttrice Economia del Mare Magazine