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Roberto Soldatini: parla il musicista, viaggiatore e autore di “Alla ricerca dei porti romani”

Intervista al violoncellista che da 13 anni ha scelto di vivere in barca a vela

Del 25 Giugno 2024

di Angela Iantosca

È nata all’improvviso la sua passione per il mare. Forse come eco di una vita precedente. È accaduto 13 anni fa quando Roberto Soldatini ha deciso di lasciare la città, la casa ancorata alla terra e di sceglierne una ancorata ad un fondale marino. Ha preso le sue cose, il suo violoncello e si è imbarcato. Rimanendo attraccato in porto per qualche mese per poi sciogliere le vele e andare incontro all’ignoto.

Direttore d’orchestra, violoncellista, dopo aver pubblicato diversi libri dedicati al mare e alla musica, è uscito in libreria con un nuovo lavoro “Alla ricerca dei porti romani. A vela lungo una rotta antica” (Mursia). Un itinerario lungo le coste italiane ripercorrendo una rotta dei Romani tramandata dall’Itinerarium maritimum e dal De reditu suo di Rutilio Namaziano, alla ricerca delle loro tracce, dei loro porti, di cosa ne è rimasto e di cosa c’è ora nell’epoca moderna. 

Un contrappunto tra passato e presente, due voci che si incontrano e si allontanano in un concerto senza fine. Una rotta di seicento miglia (oltre mille chilometri), da Roma ad Arles, con più di sessanta approdi, percorsa nel 2018, in parte in compagnia di un ospite d’eccezione, che alleggerirà la ricerca con un po’ di umorismo.

Ma quando è nata la passione per il mare in Soldatini?

“Quando ero ragazzo ero più montanaro. Poi, all’improvviso, si è smosso qualcosa che aspettava di venire fuori e ho scelto la barca a vela che mi permette di spostarmi in grande libertà. Sono rimasto ormeggiato per un anno a Roma, mia città di nascita, otto anni a Napoli, un anno a Venezia ed ora, da tre anni, sono a Trani”.

Come sceglie il porto?

“Scelgo in base allo stimolo che mi dà quella città. Il trasferimento a Napoli, per esempio, fu casuale. Stavo rientrando a Roma e, per una burrasca, mi sono fermato in Campania: mi sono innamorato della città e della sua gente e mi sono fermato. Dopo Napoli, per bellezza, potevo scegliere solo Venezia. Ma l’idillio è durato solo un anno: non sono riuscito a sopportare il freddo, il caos e il cibo. Allora ho guardato di nuovo verso sud: visto che insegno al Conservatorio ed essendo primo in graduatoria potevo scegliere, contro la previsione di tutti, invece di Roma, ho optato per la sede di Bari. E come porto ho scelto Trani, perché è più affascinante e a misura di uomo”.

Stare a terra le fa sentire la nostalgia del mare e viceversa?

“Rappresenterei questo con un urobòro, un serpente che si morde la coda. Quando si sta a terra per tanto tempo si vuole salpare, quando si sta in giro si vuole tornare a casa. Ma non mi sono mai pentito, anzi: rimpiango di non averlo fatto prima!”.

Cosa le piace della vita in barca?

“La vita in barca è rilassante. Soprattutto si percepisce questo contatto costante con la natura che ti riporta ai ritmi naturali, più vicini all’essere umano”.

Il suo momento preferito?

“Il mio momento preferito è il tramonto: i colori, i gabbiani che volano, sul pozzetto, un aperitivo e i pensieri che si raccolgono”.

L’umidità del mare fa male al violoncello?

“No, in realtà è il secco che fa male allo strumento. La cosa migliore è mantenerlo in un range che non sia troppo umido e secco”.

Come è stata la scelta della sua barca?

“Una scelta lunga e travagliata: non avevo esperienza di barche né di navigazione a vela. Quindi ho chiesto consiglio ad amici più esperti di me. Oltretutto la scelta era condizionata dallo spazio richiesto dal violoncello. Nella prossima vita opterò per un violino o un clarinetto!”.

Come cambia il suono dello strumento in barca? E come cambia la musica?

“Il legno della barca fa da cassa armonica ad una cassa armonica. E non a caso il mio primo libro si intitolava “La musica del mare”. Inoltre la navigazione a vela, con i suo ritmi lenti, ha cambiato il mio modo di fare musica. Ho rallentato e godo di più di ciò che c’è nella partitura”.

Il 24 giugno è stato pubblicato il suo nuovo libro. Si legge dalla prefazione dell’Ammiraglio Vincenzo Leone già Comandante del porto di Civitavecchia: “L’autore ci conduce con gentilezza a bordo della sua Denecia e ci fa prendere il largo, non con il piglio dell’impavido navigatore ma con la pacata consapevolezza di intraprendere una navigazione verso l’ignoto… Ignoto rappresentato dalla ricerca di una costa che non è più quella del De reditu suo, scritto dal prefetto capitolino Rutilio Namaziano (ispiratore del viaggio di Soldatini): approdi e porti a volte scomparsi, più spesso trasformati e ingigantiti a tal punto da far fatica a ricondurli alla sapiente e, oggi diremmo, sostenibile capacità costruttiva degli antichi”.

Come avviene l’incontro con Rutilio Namaziano?

“In realtà che era da tempo che sognavo di percorrere una rotta romana. Andare a vela è un modo per approfondire la storia e dare un senso per ringraziare il mare delle sue meraviglie. Prima di lui ho scoperto l’Itinerarium Marittimum dove sono raccolte rotte commerciali romane. Poi ho scoperto che questo console aveva riscoperto quella rotta e allora da qui l’idea resa divertente da questo viaggiatore che mi trovo in barca, un certo Rutilio, che non parla più latino, ma romanesco! Un modo divertente per alleggerire”.

L’estate è cominciata: ha in programma un viaggio o questo clima incerto crea problemi nella programmazione?

“I cambiamenti climatici da tempo creano problemi. Le navigazioni, infatti, non sono più tanto programmabili. Siamo ritornati alle “imprevisioni” di Bernacca che probabilmente erano più attendibili delle previsioni di oggi! Io non faccio più programmo, perché, per quanto faccia programmi è il vento che decide che mi ha sempre aiutato nelle scelte della vita. Quindi quando sarò pronto partirò. Di solito metto la prua ad est perché la Grecia è la mia meta preferita. Lì c’è un’armonia che altrove si è persa”.

Come è avvenuta la conoscenza dell’Ammiraglio Vincenzo Leone?

“Lui era Comandante del porto di Civitavecchia quando ci siamo conosciuti, il porto più importante sulla rotta. Mi ha dato degli spunti e poi me lo sono ritrovato ad una presentazione con il suo progetto di istituire una Giornata della Costa che si sposava con questo libro, perché tutto basato su una navigazione costiera: siamo diventati amici e poi me lo sono ritrovato ammiraglio a Bari dove insegno!”.

Chi sono i suoi compagni di viaggio?

“Il vento, il violoncello e Michele Gallucci, autore anche dell’acquerello in copertina”.

Il momento che preferisce in navigazione?

“Ogni volta che si salpa perché c’è la curiosità per un nuovo approdo. E indubbiamente quando ci sono le condizioni per navigare con poca onda, con un leggero vento che fa andare la barca verso un nuovo orizzonte”.

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